mercoledì 13 ottobre 2010

INTERVISTA CON MIRCO PIERFEDERICI

Cari amici e care amiche del Bergomix, ecco la seconda esclusiva intervista realizzata appositamente per voi! Buona lettura!

E’ un vero piacere avere con noi Mirco Pierfederici. Dopo aver lavorato su Jonathan Steele sei recentemente approdato in Marvel, lavorando dapprima su delle copertine ed in seguito anche su degli interni, non ultimi quelli dell’adattamento a fumetti del film di Tron.

Ci puoi svelare da dove trai ispirazione e quali sono le tue tecniche di lavorazione?

E’ necessario parlare sia di copertine che di interni. Quando mi viene commissionata una copertina , ho sempre un’indicazione della trama o per lo meno una o più righe molto semplici in cui mi viene formulata una richiesta. Ad esempio per la copertina di Capitan America: Theatre of War mi è arrivata un’intera pagina di e-mail, con la descrizione dettagliata della scena in cui Capitan America saltava da un castello presieduto dai nazisti intenti a sparargli addosso. Altre volte invece ho maggiore libertà creativa, come è successo ad esempio con la copertina di X-Men Legacy ritraente Gambit, dove mi era stata richiesta una posa cool .



Il problema più grosso avviene quando ci si deve confrontare con una quarantina d’anni di copertine che precedono il tuo lavoro. Sostanzialmente il primo approccio è scartare a priori quelle più famose, anche perché alcune sono entrate talmente tanto nella memoria dei lettori o nella cultura attuale al tal punto che ce le troviamo su magliette e gadget d’ogni tipo. Normalmente quel che si cerca di fare son due cose. Se è una copertina, si cerca un’idea che colpisca tentando anche di raccontare la trama dell’albo. A volte purtroppo non ce ne è la possibilità, perché quando vengono commissionate le covers, si parla di mesi prima dell’uscita dell’albo, per cui non v’è nemmeno la storia e appunto si va su queste immagini “soltanto” accattivanti. Lì si punta sulla tecnica diciamo: faccio una bella immagine accattivante, una posa figa,e cerco di far bene con quella. Altre volte capita appunto di cercare di raccontare qualcosa di più, come appunto la sopracitata copertina di Cap, che è quella forse in cui la lavorazione è stata un pochino più pesante: c’era una richiesta precisa, un’ambientazione storica precisa, la Seconda Guerra Mondiale, c’era Capitan America che si buttava da questo castello con un alba dietro e i nazisti che gli sparavano. Un sacco di cose. Lì è un po’ difficile cercare d’inventare; magari uno ha delle idee molto fighe per la copertina, ma poi magari ci si accorge che il nazista che spara è a misura microscopica.



Una volta trovata l’idea, o comunque quello che penso possa essere accattivante, passo alla realizzazione. La realizzazione tecnica in realtà è molto semplice. Non faccio nient’altro che fare prima questo bozzetto, in realtà son più piccoli bozzetti. Scelto quello che andrà realizzato, non faccio altro che allargarmi su formato A3 e da lì andarlo a rifinire sempre di più con la matita. Quindi quello che faccio in seguito è realizzare una mezza tinta, fondamentalmente fatta con l’acquerello e aerografo, che è una tecnica mista per arrivare alla colorazione. Questo mi serve perché avendo l’originale in bianco e nero, faccio prima dal punto di vista pratico! Se mi chiedono correzioni io c’ho già un colore e cambiarlo ripetendo un altro colore, rischia poi di rovinare l’originale e creare soltanto caos. Per cui, usando il programma virtuale di Photoshop questa cosa risulta in realtà molto più facile. Per gli interni la differenza c’è, perché questa tecnica difficilmente si riesce ad usare, proprio per un fatto che richiede maggiore tempo. Una copertina mediamente, da quando comincio a proporre bozzetti a quando è finita, mi occupa tre - quattro giorni. Per una tavola il tempo medio di una pagina è di una tavola finita al giorno per cui matita e china in un giorno e i colori poi quello successivo. Chiaramente parlo di far uscire 22 tavole al mese, oppure come nell’ultimo caso con Tron, son 32. Per cui c’è ancora un ulteriore ritardo. Internamente a livello tecnico è più facile, a volte le cose vengono fatte direttamente in digitale altre volte appunto la matita e la china semplice.

Per fare l’adattamento del film di Tron, hai già avuto modo di visionare la pellicola? Di che tratta?

L’adattamento di Tron, in realtà altro non è che il prequel del film Tron Legacy di prossima uscita nelle sale cinematografiche. In pratica è l’adattamento del primo film però con delle parti integrate che son da ricollegare a diversi punti della trama che parla fondamentalmente di un programmatore di videogiochi assorbito da un computer nel mondo virtuale. I più attenti noteranno anche la rivisitazione a livello visivo di alcuni personaggi, uno svecchiamento se vogliamo. Bisogna considerare che il materiale di partenza è pur sempre un film degli Anni 80, diventato un vero cult in quanto primo lavoro cinematografico a introdurre la computer grafica con attori ripresi su fondali inesistenti.



Qualcuno potrebbe pensare che sia un lavoro facilissimo dove basta ridisegnare i fotogrammi, ma in realtà non è così, son due linguaggi che per quanto si assomiglino sono assai differenti: a volte ciò che funge bene sul video non funziona in un fumetto e viceversa.

Grazie Mirco, per essere stato con noi!

Continuate a seguirci!
 
Leonardo Monzio Compagnoni - Direttore Artistico di Bergomix
infobergomix@excite.it

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